Due chiacchiere con Giovanni Colaneri

Negli ultimi anni abbiamo avuto la fortuna di lavorare con Giovanni Colaneri, che per noi ha illustrato Casa Musica, Pippini e Lilou. Abbiamo fatto due chiacchiere con Giovanni e parlato del suo lavoro e dei suoi libri.

 

Ciao Giovanni, per cominciare ci dici cosa rappresentano per te il disegno e l’illustrazione?

Sono qualcosa che mi consentono di trovare un posto nel mondo, senza il quale sarei una semplice carta di identità con dei dati sopra e una foto. In poche parole tutto per me.

 

Rivelaci da dove provengono le tue ispirazioni. Quali sono i libri della tua infanzia? E i giochi? Quali sono gli autori e le autrici che ami di più e che ti stimolano? Altre fonti di ispirazione?

Mi ispiro al mondo che mi circonda e quando non mi sento a mio agio o non riesco ad avere una connessione, vado altrove. Ho sempre fatto così anche da piccolo. Non avevo molti albi illustrati ma ricordo vividamente un cartonato con dei fori al centro. Appagavo la mia voglia di guardare le immagini e di storie con le enciclopedie che avevo in casa. Mi arrampicavo sul mobile in soggiorno per prenderli e mi lanciavo sul divano. Giocavo con le barbie e con i polly poket con mia sorella, costruivo le case con le scatole di cartone e le arredavo come più mi piaceva. Ah quante storie ho immaginato! Gli albi illustrati li ho riscoperti da adulto e non me ne sono più separato. L’artista che più mi piace è David Hockney, sotto ogni punto di vista: nel percorso artistico e nel suo approccio al lavoro, alla sperimentazione. Mi piacciono molti altri artisti e altre artiste, dell’altro ieri, di ieri e di oggi. Quando lavoro penso a quello che devo fare e mi viene come viene, ovviamente quando mi sento bene viene meglio.

Come e quando inizia il tuo processo creativo?

Da quando suona la sveglia a quando mi metto a dormire. Penso spesso per immagini quindi mi avvantaggio sulla fase preparatoria. Però prima di arrivare alla decisione presa, prima di iniziare il lavoro seriamente, devo sempre fare un minimo di ricerca. È importante. Poi quando disegno vado e non mi fermo più.

 

Cosa c’è sulla tua scrivania (reale o metaforica) quando disegni? E invece il luogo più insolito in cui hai disegnato?

Sulla mia scrivania ci sono trilioni di colori, un computer e uno scanner con una tavoletta grafica annessa. Qualche libro iniziato e qualche altro da finire ma che non finisco per diversi motivi. Di mattina Katio e Leona che mi divorano le matite e i cavi elettrici, di sera la lampada accesa. Un porta oggetti con una matassa di filo bianco dove conservo le penne che Katio e Leona hanno perso. Fazzoletti, pennelli e acquerelli. Un ragnetto che ogni tanto passa a salutare e poi se ne va, se lo cerco non si fa mai trovare soprattutto quando sistemo il piano di lavoro ma poi torna sempre. Una mini cassettiera porta tutto Ikea di legno ruvido con disegni accumulati sopra. Qualche foto, qualche post it, pensieri che si nascondono e poi scompaiono. Per me non ci sono luoghi insoliti dove disegnare.

 

Parlaci dei tuoi personaggi? Hanno caratteristiche di persone a te vicine o che hai incontrato?

Certamente. Abito nella città più densamente popolata in Europa, mi basta aprire la finestra per prendere ispirazione. Quando cammino poi, ne vedo e ne incrocio di ogni ed è bellissimo. Mi campita spesso di disegnare persone che conosco e che mi vengono in mente mentre disegno, anche quelle non ci sono più.

 

Inclusività e gender gap sono tematiche fondamentali negli ultimi anni anche nell’editoria e in particolar modo in quella per l’infanzia. Come le affronti nei tuoi progetti?

Rappresentandole senza barriere, limiti, censure. Trovando le parole giuste. Penso anche che sia importante che tutte e tutti possano riconoscersi all’interno del libro in uno o più personaggi.

 

Cosa ti piace di più del tuo lavoro e cosa meno?

Mi piace il contatto con il pubblico, soprattutto con i bambini e con le bambine. Non mi piace che per molte persone non venga considerato come un lavoro, quindi non mi piacciono tutte le eventuali conseguenze che questa cosa comporta. Al di fuori e all’interno della categoria, il che è molto peggio.

 

Isernia, Firenze, Urbino, Bologna e Napoli, che rapporto hai con queste città? In che modo sono entrate e entrano nella tua creazione artistica?

A Isernia ci sono nato. A Firenze sono rinato e ho studiato incisione all’accademia di belle arti. A Urbino mi sono specializzato all’ISIA in illustrazione e ho avuto ancora più consapevolezza di cosa avrei voluto fare. Bologna e Napoli sono un discorso a parte. Sono due città in cui ho lasciato il cuore, l’una mi manca quando sono lontano dall’altra e viceversa. Per ora sono a Napoli, poi chissà. 

 

Hai consigli e suggerimenti per le persone appassionate di illustrazione? Ad esempio musei, mostre, film o serie, anche ristoranti e caffetterie o qualsiasi altra cosa ti senti di condividere con noi.

Siate voi stessi/e sempre e se siete persone curiose siete un passo avanti. Altrimenti credo che possa essere molto ma molto più dura.

 

Ascolti musica o podcast quando disegni? Se sì, qual è la playlist per Pippini? E per Lilou? 

Sì, oppure lascio la televisione accesa su la7, soprattutto quando disegno dopo le 20 (e che sembra intrattenere anche Katio e Leona). Ascolto podcast quando sento la necessità di pensare ad altro altrimenti preferisco mettere la musica per concentrarmi. Ho adorato Morgana di Michela Murgia e quelli di Alessandro Barbero, ma anche Love stories di Melissa Panarello. Per la musica c’è un discorso a parte un po’ particolare. A volte ascolto la musica tekno o elektro psy trance per darmi la carica soprattutto se ho scadenze ravvicinate; oppure passo da Lady Gaga e Miss Keta a Mina e simili per cantare, rigorosamente in falsetto (se capita una nota altissima di Mariah Carey partecipa anche Katio). Altre volte ascolto canzoni che mi aiutano a piangere o comunque che mi aiutano a stare bene nel momento in cui disegno. Stilare una playlist non mi sembra il caso. The unquestioned answer di Laurie Spiegel la uso spesso anche nelle storie di Instagram.

 

Climate change ed emergenza ecologica sono questioni molto urgenti verso cui le nuove generazioni mostrano una grande sensibilità e un forte senso di responsabilità. Con Pippini, e ora con Lilou, affronti questi temi da un punto di vista del microcosmo di insetti in estinzione, portando piccoli e grandi lettori e lettrici, grazie alla narrazione attraverso il Wimmelbuch o libro brulicante, a immergersi in tavole piene di particolari e dettagli, densamente popolate come le nostre città e le nostre vite. C’è quindi un legame tra capacità di osservare e agire sulle piccole cose nella quotidianità, impatto ecologico e possibilità di migliorare le condizioni del nostro Pianeta? Pippini e Lilou possono cambiare la prospettiva?


Spero possano offrire un punto di vista diverso rispetto alla narrazione sul cambiamento climatico che conosciamo già.

 

Osservando bene la moltitudine di personaggi nelle tue tavole si nota come nessuno in fondo è isolato ma sembra quasi ci sia una connessione, impercettibile a un primo colpo d’occhio, tra tutti i personaggi. Una sorta di flusso che si genera dalla comunicazione… è così e tu sei l’uomo della folla insieme al lettore o ti piace semplicemente catapultarci nel tuo caos creativo?

È così (la prima parte), e ci siamo dentro con tutte le scarpe.

Grazie Giovanni!

 

Per avere più informazioni sul lavoro di Giovanni qui trovate una video a cura di Piero Guglielmino.